giovedì 2 luglio 2015

Susanna Petrassi: Criminologia e Parapsicologia, tutte le sfaccettature del male


La differenza tra il bene e il male la impariamo sin da piccoli, ma cosa ci spinge, una volta adulti, a scegliere una strada, invece dell’altra?
Il male è solo una parte dell’animo umano o ci sono delle forze esterne a noi, la cui influenza nei nostri confronti è talmente imponderabile, da condurci a commettere delle azioni apparentemente inspiegabili? Esistono soggetti predisposti a commettere il male, tramutandolo in reato, a prescindere dalle loro esperienze? Al contrario, ci sono davvero persone in grado di prevedere l’azione delle forze del male, tanto da combatterne o prevenirne l’esito distruttivo sotto ogni aspetto?
Mai come su questi temi le domande sembrano essere più numerose delle risposte, proprio come quei quesiti di carattere universale ai quali cercano di rispondere la filosofia e la religione. La scienza sembra occupare un posto scomodo quando si discute di questi argomenti e, spesso, siamo più propensi a gettarci tra le braccia di chi ci richiede fiducia, piuttosto che capacità di discernere ciò che è scientificamente dimostrabile, da ciò che non lo è.
Che ruolo occupa, dunque, la criminologia nei casi in cui il male ha contorni così sfumati, che sembra sfuggire al nostro controllo? Ce lo spiegherà Susanna Petrassi, criminologa e docente di grande esperienza, esperta di delitti rituali e satanici, profonda conoscitrice delle dinamiche che si innescano nei crimini che si consumano tra le mura domestiche e, attualmente, in prima linea contro la piaga della violenza sulle donne e del femminicidio.



Criminologia e Parapsicologia: due materie che, apparentemente, sembrano non avere nulla in comune. Come le definiresti e cosa le lega secondo te? Qual è il percorso formativo che ti ha portato ad approfondirle?

La criminologia è una scienza interdisciplinare che ha per oggetto di ricerca la motivazione al reato e la sua prevenzione, la vittimologia, il comportamento antisociale del singolo e dei gruppi in relazione a determinati contesti storici, geografici e culturali. Rappresenta per me la passione di tutta una vita, spesa alla continua acquisizione di conoscenza e competenze professionali.
La parapsicologia studia i fenomeni di interazione tra gli uomini e l’ambiente attraverso canali psi-cognitivi, come la telepatia e la precognizione, e fenomeni psi-cinetici come la guarigione, la bilocazione, il poltergeist. La curiosità per questa materia l’ho ereditata da mio padre e l’ho coltivata come un interesse personale che però si è tramutato per diversi anni nel suo insegnamento a scopo divulgativo.

Come esperta di delitti rituali collabori quotidianamente con le Forze dell’Ordine, interessandoti anche dell’impiego dei sensitivi nel corso delle indagini, soprattutto negli Stati Uniti. A cosa ti hanno condotto questi studi e che differenze ci sono con le tecniche utilizzate nel nostro Paese?

Criminologia e parapsicologia non hanno nulla in comune, ma talvolta sulla scena di un crimine dove “gli inquirenti brancolano nel buio”, come usano dire i giornalisti, si tollera la presenza di qualche sedicente sensitivo che pretende di fornire informazioni utili alla risoluzione di un caso. Questi elementi vengono poi vagliati, seppure con scetticismo, nei casi di scomparsa, con la speranza di ritrovare la persona o, almeno il corpo.
All’estero ci si affida con più fiducia, anche in modo ufficiale, a questi canali di comunicazione extrasensoriali.
Da parte mia ho partecipato ad un interessante studio americano sull’impiego di sensitivi nelle indagini, ma l’esito non è stato quello sperato e la statistica finale ha evidenziato solo qualche risultato positivo attribuibile più ad un calcolo delle probabilità, che ad oggettive capacità degli investigatori psichici.
Il discorso cambia se parliamo non di parapsicologia, che è pur sempre una scienza, ma di occultismo. Allora il legame con il mondo del crimine c’è e si chiama male.
Le cronache spesso si occupano di persone che sono rimaste vittime di maghi, veggenti, guaritori, cartomanti, subendo gravi danni al loro patrimonio e alla salute. Da più parti si invoca un intervento del legislatore che ponga freno a questo genere di attività basato su filtri, amuleti e sortilegi da buio Medioevo. Anche se la legge già se ne occupa, non è sufficiente. Lo svolgimento di tali attività non è vietato, ma coloro che le svolgono integrano, nella maggior parte dei casi, gli estremi di alcuni reati penali: abuso della credulità popolare, abusivo esercizio di professione per i guaritori, truffa e anche violenza carnale.
Un altro particolare fenomeno sono le sètte religiose che propongono una nuova dimensione umana, preoccupanti per la loro sempre maggiore diffusione, collegata al tema del lavaggio del cervello come metodo di proselitismo e di condizionamento.
I vari gruppi si formano attorno a un leader carismatico che propone o rielabora una dottrina per liberare l’uomo, accrescendone le innate potenzialità, dopo un percorso spirituale.
La caratteristica comune all’interno dell’infinita tipologia delle sètte è che ognuna di esse si dichiara portatrice di una verità, capace di cambiare il mondo. Nel nostro Paese si contano almeno 600 gruppi che mirano ad assoggettare gli adepti per carpire loro denaro, proprietà, sesso, forza lavoro gratuita.
E poi ci sono i satanisti, che adorano il Diavolo, o che soltanto manifestano avversione nei confronti di Dio, psicotici sofferenti di follia religiosa a contenuto satanista o che ambiscono a diventare come Dio, servendosi di pratiche magiche e occulte. Costanti nei satanisti sono l’utilizzo della magia nera (messe nere, evocazioni, magia sessuale ecc.) e la figura di Satana. Non sempre si macchiano di veri reati: essendo la loro quasi una filosofia, le loro condotte trasgressive si basano sull’ascolto di musica rock-satanico, uso di droghe, promiscuità sessuale. Ma, quando commettono reati, questi sono gravi: uso di droghe, torture agli animali, profanazione di chiese e cimiteri, violenza sessuale, negromanzia, qualche volta l’omicidio.
C’è poi il male assoluto a legare la criminologia all’occultismo: lo pseudooccultismo che in realtà è l’alibi di taluni assassini rituali e seriali, per mascherare pratiche di crudeltà e malvagità estreme, parafilie terribili, dove antropofagia, necrofilia e sadismo si mescolano in un crescendo di efferate torture alle vittime e atti di cannibalismo. A tutti vorrei dire che il diavolo è la proiezione di desideri e pulsioni inconfessabili e il mondo del dio Ade non è un luogo fisico, ma un angolo della mente, perché i demoni e i fantasmi sono abitatori occulti del nostro inconscio.

La tua esperienza sul campo ti ha condotto a vestire i panni di docente e formatore, mettendo al servizio degli altri le tue conoscenze. Che ruolo ha la formazione nel tuo settore e quanto è importante?

La mia attività didattica è protesa a formare allievi provenienti da studi diversi: il mio compito è trasmettere competenze assecondando la loro diversa formazione iniziale e colmando eventuali lacune. Un laureato in legge ha strumenti culturali e tecnici diversi da un medico o da uno psicologo o da un biologo, ma alla fine saranno tutti criminologi. Con molta soddisfazione da circa 25 anni insegno le basi della criminologia anche a studenti non necessariamente laureati, in corsi e seminari di tipo divulgativo, perché chiunque deve avere la possibilità di arricchirsi culturalmente anche da semplici appassionati, la cronaca nera e i casi giudiziari da sempre affascinano e dividono il pubblico di stampa e televisioni.

La tua attività di criminologa ti ha portato a occuparti spesso di crimini perpetrati tra le mura domestiche, in particolar modo contro le donne. Cosa puoi dirci in merito? Che dinamiche si innescano in questi casi e come si può affrontare concretamente il fenomeno?

Ormai il mio maggiore impegno è la lotta al femminicidio, intrapresa quasi da sola, tanti anni fa quando non se ne parlava ancora, quando la parola “femminicidio” non esisteva e neppure la coscienza di questo fenomeno. Trent’anni fa la mia migliore amica venne uccisa dal marito davanti al figlioletto, erano entrambi medici. Da allora battermi è diventato il mio dovere per il sociale. Partecipo a molti convegni come relatrice ed esperta di questo tema. Molti uomini non hanno ancora elaborato l’emancipazione femminile degli anni ‘70 e non tollerano né che le donne vogliano essere trattate in modo paritario, né di essere lasciati. Da parte loro le donne non si sono emancipate anche sentimentalmente, restano legate all’archetipo della donna accogliente che tutto perdona in nome dell’amore e della famiglia.

Raccontaci quali i sono i progetti in cui sei attualmente impegnata e quali saranno i tuoi programmi per il futuro.


Porterò avanti senza stancarmi questa campagna di sensibilizzazione contro la violenza sulle donne. Soprattutto le madri devono educare i figli maschi al rispetto della donna e i padri devono mostrarsi ai figli rispettosi della loro moglie. L’esempio in famiglia è importantissimo. Anche denunciare è importante, ma solo se si ha un posto sicuro dove rifugiarsi. 

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