mercoledì 17 maggio 2017

Giuliano Scavuzzo: il fascino dei Templari, tra Storia e Leggenda

Quanto si è scritto sui Cavalieri Templari, il misterioso Ordine sempre in bilico tra fede e violenza? Tra saggi, romanzi e saghe, davvero tanto. Ma in pochi sono riusciti a entrare così in profondità negli aspetti più inediti di questa impenetrabile confraternita, come Giuliano Scavuzzo col suo romanzo “Il marchio perduto del Templare”, edito da Newton Compton. La particolarità di questa storia sta proprio nella capacità dell’autore di mescolare note fonti storiche a leggende meno conosciute, fino a creare un intreccio che si basa principalmente sulla rivalità tra il protagonista, il Templare Shane de Rue, e il suo antagonista, Lucifuge, il capo di un gruppo di Cavalieri che, in seguito alla prigionia in Terra Santa, hanno venduto l’anima al diavolo e vogliono scatenare l’Apocalisse.
Oltre allo spessore psicologico di questi personaggi, buoni e cattivi nello stesso tempo, perché mossi da emozioni così forti, da condurli a sfidare perfino le forze della natura, l’originalità di questo romanzo sta nell’abilità di Giuliano Scavuzzo di amalgamare il romanzo storico a quello esoterico, sullo sfondo di una Roma dimenticata, dipinta in modo tanto vivido, da fare invidia alle grandi saghe.
Assieme a un variegato quadro di personaggi solo apparentemente secondari, come l’impenetrabile strega Lilith, l’unica che può liberare Shane dalla spaventosa maledizione che lo tormenta, e lo scaltro Don Graziano, il prete deciso a salvare la vita dei gemelli il cui sacrificio dovrebbe mettere in moto l’Apocalisse, torna il topos della ricerca di un Grimorio perduto ma necessario per compiere la cerimonia verso la distruzione finale.
Un romanzo dai ritmi incalzanti e dallo stile semplice, ma intrigante che cattura a tal punto, da far sperare presto in un seguito degno di personaggi che hanno ancora molto da raccontare.  



Sei Cavalieri Templari che hanno votato l’anima al diavolo, un misterioso Grimorio scomparso e una maledizione che incombe nella infinita lotta tra il bene e il male: inizia così “Il marchio perduto del Templare”, Newton Compton, un romanzo dal ritmo incalzante. Raccontaci la genesi di questo libro: cosa ti ha ispirato durante la stesura e cosa hai voluto trasmettere?

A ispirarmi è stata la storia di Roma che in pochi conoscono: quella della povera gente, della vita comune e dei reietti. Le leggende che animano l’urbe sono moltissime, spesso ignorate dagli stessi romani, è incredibile scoprire che quasi nessuno, ad esempio, conosce quella di Castel Sant’Angelo, o quelle relative al Pantheon e allo stesso Colosseo. Volevo raccontare una storia nella Storia, uno scorcio oscuro in cui quasi tutto veniva spiegato o con la fede, o con la stregoneria.

Quando e da dove nasce il tuo bisogno di scrivere? Che autore sei: segui l’ispirazione a qualunque ora del giorno o hai un metodo collaudato al quale non sapresti rinunciare?

Da sempre amo scrivere, ricordo che al liceo impiegavo meno di mezz’ora per fare temi di svariate pagine, le parole scorrevano da sole. Però per far diventare la scrittura un mestiere servono impegno e dedizione. Chi dice: “Scrivo quando mi sento ispirato”, a mio avviso, non è uno scrittore. Scrivere deve essere prima di tutto un mestiere, va preso alla stregua di qualsiasi attività lavorativa. Uno scrittore è prima di tutto un artigiano, credersi artisti è un atto di assoluta presunzione. Il mio metodo è semplice: mi alzo la mattina e rileggo quanto fatto il giorno precedente, questo mi aiuta a “entrare nel romanzo” e poi scrivo. Fino a quando? Finché posso, anche tutta la giornata. Consiglio solo qualche pausa caffè, per sgranchire membra e mente.

Come definiresti Shane e Lucifuge, protagonista e antagonista di questo romanzo? In generale come delinei i personaggi delle tue storie e le vicende che si trovano ad affrontare, tra realtà storica e fantasia?

Shane e Lucifuge sono due anime ferite, forse mortalmente. Non amo i personaggi monodimensionali: cattivi ultra perfidi o buoni vicini alla canonizzazione! In ognuno di noi ci sono luce e ombra, bene e male, la cosa difficile è scegliere volta per volta e agire secondo coscienza. Così quando creo un personaggio gli costruisco intorno una storia, che spesso nel romanzo neanche racconto. Non serve per il lettore, ma per me, per entrare nella mente del personaggio e farlo agire e parlare in base al suo passato. Ma soprattutto ciò che li rende vivi, a mio avviso, sono le motivazioni.

Per saper scrivere bene occorre, senza dubbio, leggere molto. Che libri ci sono al momento sul tuo comodino? Che generi e quali autori prediligi?

Leggere è essenziale, senza dubbio. Come lo scrivere tanto, e di tutto. Personalmente sono un lettore caotico al limite del patologico. In questo momento sul mio comodino ci sono alcuni libri molto diversi tra loro: Per chi suona la campana di Hemingway, La stanza profonda di Vanni Santoni), I miti celtici di Miranda Green, Il libro dei Chakra di Anodea Judith, Il cavaliere nero di Bernard Cornwell, A ovest di Roma di John Fante.

A cosa stai lavorando attualmente? Svelaci quali sono i tuoi programmi per il futuro.


In questo momento sto lavorando a due romanzi che ho appena finito di scrivere. Uno è il sequel de “Il marchio perduto del Templare”. È quindi un romanzo storico-esoterico e mi sono addentrato ancora più in profondità nelle tradizioni, oscure e mediche, del periodo. L’altro è qualcosa di nuovo, di diverso rispetto agli storici, ma non svelerò di più...

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